29 aprile 2010

Nuove norme per la privacy

Art. 13
La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi
di ogni effetto.

E' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

Art. 15

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.


di Simone Bellis

L'Autorità Garante della privacy ha stabilito nuove norme di utilizzo per i sistemi integrati di videosorveglianza, per soggetti pubblici e privati.

Tra queste l'obbligo di sottoporre al Garante i sistemi prima dell'approvazione, e di segnalare la presenza di telecamere collegate alle forze dell'ordine tramite cartelli.

Secondo il Garante l'aumento massiccio dei sistemi di videosorveglianza e le numerose modifiche legislative in materia hanno reso necessaria una revisione di ampio respiro delle normative.

Il tempo stabilito per adeguarsi al nuovo provvedimento, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, varia da un minimo di sei mesi a massimo un anno.


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22 aprile 2010

STUDIA LA COSTITUZIONE






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DIRITTI VIZIATI

Art. 35

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.

Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.

Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Art. 42

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.


di Simone Bellis

In questi giorni ci sono state alcune novità relative al mondo di internet.
Una di queste è stata una dichiarazione del ministro Maroni, riguardo alla diffusione on line di materiale audio e video. Nello specifico parlava di materiale coperto da copyright, e proponeva un modello di diffusione gratuita pagata da sponsor pubblicitari. In pratica, un sito dove scaricare contenuti originali, gratis e legalmente, grazie all'indotto pubblicitario.

Di per sé non è una trovata pionieristica, in molti ci hanno pensato ma nessuno è ancora riuscito a creare un servizio realmente competitivo basato su questi presupposti.

L'analisi del ministro è piuttosto superficiale, ma fa intendere quanto meno un interesse per la questione, e non è da sottovalutarsi. Dove la legge si distacca di molto dalla realtà, e trova ostacoli nella stessa applicazione, è importante risolvere il problema in una maniera più netta ed efficace.

E' di oggi la chiusura del sito linkstreaming.com, un sito dove era possibile visionare o scaricare illegalmente materiale protetto. Non è chiaro se si tratti effettivamente di sequestro, poiché pare che il sito sia sparito "spontaneamente" prima ancora di essere bloccato.

Il copyright è una norma concorde agli articoli 35 e 42 della Costituzione.

Un altro caso rilevante è il conflitto creatosi tra Telecom Italia e l'associazione Fapav (Federazione Anti Pirateria Audiovisiva).

La Fapav ha richiesto a Telecom di segnalare alle autorità gli utenti che scaricano illegalmente materiale protetto da copyright. Il Tribunale di Roma si è espresso contro questa richiesta, per più di un motivo. Come prima cosa una richiesta del genere è ammissibile soltanto da parte delle autorità giudiziarie, inoltre l'obbligo di verifica non spetta al provider. La richiesta della Fapav è in contrasto con l'articolo 15 della Costituzione.

Sebbene il copyright sia idealmente una norma giusta, è bene tornare sulle dichiarazioni del ministro Maroni. Difendere i diritti d'autore con norme incapaci di gestire i nuovi mezzi di comunicazione vuol dire non interessarsi del problema.

La questione morale al riguardo non è per nulla sentita dai cittadini, e chi fruisce illlegalmente di materiale audiovisivo in pratica non è perseguibile dalla legge, in primis per cause logistiche. Spesso si evidenziano persino conflitti tra le leggi a protezione dei diritti d'autore con quelle riguardanti la privacy.

In questo modo spesso assistiamo a un circolo vizioso che porta all'incremento dei prezzi di materiale audiovisivo, con conseguente aumento della pirateria.

E' quindi dovere delle istituzioni andare oltre al semplice problema giuridico legislativo, e tentare di proporre modelli innovativi in grado di proteggere i produttori come i consumatori. Gestire il materiale web è diventato un problema reale. Un'evoluzione in questo senso si potrebbe paragonare al passaggio dal semplice pozzo all'acquedotto.


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17 aprile 2010

CARICHE IN OMAGGIO

Art. 63
Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza.

Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.


di Simone Bellis

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha rilasciato dichiarazioni nette dopo la riunione fra i vertici di partito.

Il leader del PDL asserisce che, se Fini dovesse proseguire e formare dei gruppi autonomi, ci sarebbe una scissione, e che il governo porterebbe a termine la legislatura a prescindere dalla formazione dei gruppi.

Ribadisce anche l'incompatibilità della scelta di Fini con il suo ruolo di Presidente della Camera, arrivando a dire: "Fini dimentica che quando l'ho fatto presidente della Camera. Mi aveva garantito che non avrebbe sfruttato la sua carica per fare politica attiva. Ha tradito il patto di fiducia"

Non c'è molto altro da dire sulla questione, le dichiarazioni del Premier non sono fraintendibili. Egli ritiene che la carica di Presidente della Camera dipenda da una sua concessione. Peggio ancora, se non arrivassero smentite si potrebbe essere portati a pensare che per questo governo una tale situazione degenerata sia reale.

Questo è in pesante contrasto con l'articolo 63 della Costizione, che rimette alle singole camere il potere di determinare il proprio presidente.

E' importante capire che ove il Parlamento venga limitato nelle proprie funzioni, di fatto è un potere che si toglie ai cittadini.


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15 aprile 2010

L' UDUR DEI DANE'

Art. 41

L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità; sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Art. 47

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.


di Simone Bellis

Il leader della Lega, Umberto Bossi, ha rilasciato questa dichiarazione: "E' chiaro che le banche più grosse del nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo".

Colpisce all'istante la stranezza di questa dichiarazione, visto che un leader di partito, rappresentante di interessi particolari (a oggi circa il 12 % degli aventi diritto), dice di voler "prendere" delle banche.

La prima cosa da notare è che gli istituti di credito sono privati, e i consigli di amministrazione dovrebbero prendere le decisioni nell'interesse degli azionisti e dei clienti. In che modo tutto questo potrebbe coesistere con gli interessi di un partito politico?

Se non bastasse l'evidente conflitto di interessi non farebbe male ricordare come finì l'avventura finanziaria della Lega.

I vertici del partito incaricarono Gian Maria Galimberti di fondare una banca, che ovviamente sarebbe stata controllata dal partito, che prese il nome di CrediEuronord.
Senza tirarla troppo per le lunghe, la banca fallì a causa della disastrosa gestione. CrediEuronord venne rilevata dalla Banca Popolare di Lodi (oggi Banca Popolare Italiana), che fa capo a Gianpiero Fiorani. In questo modo i debiti contratti dalla banca della Lega vennero rilevati, e forse per coincidenza da allora la Lega smise di assumere certe posizioni forti che l'avevano caratterizzata in passato.

Viene poi da chiedersi quando effettivamente la gente abbia chiesto alla Lega di prendersi le banche. Non sembra sia una delle priorità dei cittadini, ma ove si fosse verificato questo strano evento il senatore avrebbe dovuto ricordare che secondo la Costituzione l'iniziativa economica privata è libera, ed è compito della Repubblica controllare l'esercizio del credito, non di un partito minoritario.

Il sistema per disciplinare il credito è di promuovere leggi attinenti in parlamento, non di occupare i consigli di amministrazione delle banche. E' evidente che sarebbe soltanto un modo per aggirare il regolare iter legislativo.

Le intenzioni palesate da Bossi sono in contrasto con l'articolo 41 e 47 della Costituzione.


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14 aprile 2010

CHIESA INCOSTITUZIONALE

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 25

Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.


di Simone Bellis

In data 12 marzo il cardinale Bertone parla dal Cile, annunciando dei provvedimenti contro gli abusi perpetrati da sacerdoti, e difendendo a spada tratta il celibato cattolico.

Tra le sue dichiarazioni in merito una in particolare ha creato grande scalpore. Secondo il cardinale Bertone "molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c'è relazione tra celibato e pedofilia, e invece molti altri hanno dimostrato, me lo hanno detto recentemente, che c'è una relazione tra omosessualità e pedofilia. Si tratta di una patologia che interessa tutte le categorie sociali, e preti in minor grado in termini percentuali."

Analizziamo i fatti con ordine. Come prima cosa il celibato: la repressione sessuale può causare deviazione. Ciò non vuol dire che debba, o che derivi soltanto dal celibato, motivo per cui, giustamente, non esiste una relazione diretta tra preti e pedofilia.

Riguardo alla correlazione con l'omosessualità è semplicemente falso. E' scorretto persino accostare l'omosessualità al concetto di patologia.

Sulle statistiche ventilate dal cardinale Bertone è difficile pronunciarsi, non avendo dato alcun riferimento che permetta di contestualizzarle. Noto però nel suo pensiero un'incomprensione del problema. Il problema della pedofilia nella Chiesa ha grande risalto mediatico perché ogni prete fa parte della stessa struttura, che abiti in Europa o in Africa, per cui la responsabilità ricade sempre su una sola istituzione. Non si può dire lo stesso invece dei casi legati al nucleo famigliare, piuttosto che alla scuola, per ovvi motivi.

Il problema di cui non si vuole parlare non è tanto il caso singolo, o l'eventuale qualità criminogena del celibato, quanto il fatto che ci sia stata una copertura dei suddetti crimini, e la sottrazione dei colpevoli alla giustizia competente.
Oltre a essere fatti gravissimi questi sono di fatto completamente riconducibili ai vertici della Chiesa, e le motivazioni non possono essere ricercate in stravaganti teorie psicologiche, statistiche o altro. Sono frutto di una precisa volontà determinata da fattori politici e mediatici.

Risulta quindi ovvio come mai ci sia questa correlazione tra Chiesa e pedofilia, ed essa non deriva dall'incidenza o meno del fenomeno all'interno delle gerarchie ecclesiastiche, quanto dalle responsabilità oggettive delle stesse.
Bertone insiste nel dire che la Chiesa non ha mai tentato di nascondere crimini collegati alla pedofilia, purtroppo non fornisce alcuna prova da opporre ai documenti e alle testimonianze che indicano il contrario.

Non solo non individuo argomentazioni rilevanti nelle parole del cardinale, anzi è evidente il tentativo di sviare il discorso dai punti più importanti, arrivando addirittura a citare delle dimostrazioni scientifiche inesistenti.
Detto in altre parole, mente.

Per avere la giusta prospettiva dei reati contestati è bene tradurre abusi con stupro e pedofilia con minori. Stupro di minori.

Le dichiarazioni del cardinale Bertone sono una palese discriminazione nei confronti degli omosessuali, in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. I tentativi di sottrarre i colpevoli dei reati di pedofilia alla giustizia contrasta nuovamente con l'articolo 3 e 25 della Costituzione.


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12 aprile 2010

LE COLPE DEI PADRI

Art. 30 - PARTE PRIMA. DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI - Titolo II. Rapporti etico-sociali

E' dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.


di Simone Bellis

Durante un'intervista al Giornale, il sindaco di Montecchio Maggiore (Lega Nord) dichiara di aver negato il servizio mensa a dei bambini stranieri, perché i genitori non avrebbero pagato la retta.

Intorno alla notizia si sono create parecchie opinioni, per lo più confuse. C'è chi dice che il servizio va elargito a prescindere, chi dice (come il suddetto sindaco) "non si può mangiare a sbafo", e chi invece lamenta il fatto che i genitori degli stessi bambini acquistano beni superflui o addirittura di lusso, per cui il mancato pagamento è ingiustificato. C'è anche chi si chiede cosa succederebbe a un cittadino italiano se smettesse di pagare le bollette. Potrebbe pretendere l'erogazione di servizi non pagati adducendo il fatto di avere figli come giustificazione?

Cerchiamo di mettere in ordine i fatti. Quello che si sa con ragionevole certezza è che alcuni genitori di studenti non hanno pagato la retta della mensa. Come prima cosa lo Stato si deve occupare dei minori interessati, come sancito dall'articolo 30 della Costituzione. In seguito, una semplice verifica fiscale dovrebbe accertare se questo mancato pagamento sia giustificato o meno dalla situazione finanziaria della famiglia.

Nel caso si accerti un dolo il comune si rivalga sui genitori, richiedendo il pagamento della retta, comprensiva di arretrati e eventuale mora. Se i genitori continuano a non occuparsi dei figli, nonostante ne abbiano le facoltà, esistono leggi specifiche per togliere loro l'affidamento, imporre il pignoramento di una parte del reddito, e via dicendo. Insomma, le autorità hanno tutti i mezzi legali per ottenere il pagamento del servizio e impedire il protrarsi della situazione.

Una mancata risoluzione è quindi da imputarsi esclusivamente alle autorità, ove manchi l'impegno nell'affrontare la situazione secondo le norme stabilite per legge, o nel caso si creino leggi inefficienti.

Risulta quindi ovvio che i genitori vadano trattati come previsto dalla legge, in rapporto alle loro responsabilità, mentre i minori vanno protetti come previsto dalla Costituzione, anche separandoli dal nucleo famigliare d'origine se veramente necessario. E' bene che si capisca che la famiglia è una struttura che deve essere utile ai singoli individui che la compongono, viceversa non ha senso mantenerla.


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09 aprile 2010

L’illegittimo impedimento

Art. 3 - PRINCIPI FONDAMENTALI

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 101 - Titolo IV. La magistratura - Sezione I. Ordinamento giurisdizionale

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Art. 138 - Sezione II. Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.


Chi difenderà la Costituzione? Qualche argine ancora c’è: meglio tardi che mai.

di Alessandro Pace

Non mi sento, sinceramente, di chiamare in causa la responsabilità del presidente della Repubblica per aver promulgato la legge sul legittimo impedimento. E ciò per un semplice fatto: non diversamente da quando fu sottoposto alla sua firma il c.d. Lodo Alfano, anche questa volta Giorgio Napolitano si è trovato, nei fatti, di fronte a quello che Leopoldo Elia nel luglio 2008 definì un ricatto. Allora, l’alternativa era tra il Lodo Alfano e il disastro della legge blocca-processi; ieri l’alternativa è stata tra il legittimo impedimento e lo sconquasso del processo breve.

A ciò si aggiunge, forse, una seconda giustificazione della promulgazione: il presidente Napolitano e i suoi consiglieri giuridici potrebbero aver auspicato, da parte dei magistrati, una possibile interpretazione in bonam partem di questa legge. E cioè che il magistrato, nell’applicarla, tenga comunque presente l’articolo 420 ter del Codice di Procedura Penale a cui la legge sul legittimo impedimento rinvia. E l’articolo 420 ter prevede, per l’appunto, che per far luogo ad un rinvio del processo penale per legittimo impedimento dell’imputato, debba sussistere l’«assoluta impossibilità a comparire».

Sinceramente, un’interpretazione del genere, per quanto «costituzionalmente orientata», a me sembra forzata. Infatti, qualora essa venisse seguita, verrebbe meno proprio quella «presunzione assoluta» di legittimo impedimento connessa ad una serie illimitata di ipotesi concernenti l’attività del Premier e dei Ministri, che era - ed è - l’effettivo, conclamato obiettivo della legge in questione. Ritengo perciò che se ci si astrae dalle considerazioni di opportunità politica che possono aver giustificato la promulgazione della legge, ne è indiscutibile l’incostituzionalità per almeno cinque diverse ragioni:

1) È infatti irrazionale, e vìola l’articolo 3 della Costituzione., che una «presunzione assoluta di impedimento» possa sposarsi con la regola (articolo 420 ter) che prescrive l’«assoluta impossibilità» di comparire in udienza.

2) Oltre che irrazionale, vìola l’indipendenza della funzione giurisdizionale (articolo 101 comma 2 della Costituzione) l’attribuzione all’interessato, e cioè allo stesso Premier, del potere di dichiarare il «proprio» impedimento. Nella sentenza n. 225 del 2001 la Corte costituzionale (caso Previti) affermò che la funzione giurisdizionale non può prevalere aprioristicamente sulla politica, ma affermò altresì che la politica non può prevalere aprioristicamente sulla funzione giurisdizionale. Ciò che invece pretende di fare questa legge.

3) Il legittimo impedimento è automatico: opera cioè in forza della dichiarazione dello stesso Presidente del Consiglio. Questo automatismo è stato già dichiarato incostituzionale, per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, dalla Corte costituzionale in occasione della sentenza numero 24 del 2004, con riferimento al c.d. lodo Schifani.

4) Viene configurato il legittimo impedimento come se si trattasse di una prerogativa costituzionale. Ma la Corte costituzionale aveva già detto nella sentenza numero 24 del 2004 (lodo Schifani) - e lo ha ripetuto ancora più chiaramente nella sentenza n. 262 del 2009 (lodo Alfano) - che le prerogative costituzionali possono essere previste solo con legge costituzionale. Di qui la violazione dell’articolo 138 della Costituzione, che prevede una speciale procedura per le leggi costituzionali.

5) Del resto, che fosse necessaria, nella specie, una legge costituzionale lo ammette, candidamente, la stessa legge, allorché all’articolo 2, prescrive: «Le disposizioni di cui all’articolo precedente si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri…». Ma se è la stessa legge a riconoscere che l’altra parte del ponte (quella ancora da costruire) sarà posta cento metri più in alto (con legge costituzionale), come può pretendere di collegarvisi, se essa, avendo la forma di una legge ordinaria, è stata costruita cento metri più in basso?

Fonte: La Repubblica, 9 aprile 2010

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08 aprile 2010

Istruzione gratuita per quasi tutti

Art. 34 - PARTE PRIMA. DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI - Titolo II. Rapporti etico-sociali

La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Art. 3 - PRINCIPI FONDAMENTALI

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.


di Simone bellis

Tutti ricorderanno le manifestazioni dell'Onda studentesca, che per un po' hanno tenuto banco nei vari notiziari e giornali. Gli studenti hanno dipinto un futuro a tinte fosche per la scuola, ove la riforma Gelmini fosse stata approvata così come è stata proposta.

Tra gli aspetti più contestati della riforma il taglio dei fondi era sicuramente in pole position. Ogni struttura ha affrontato la riduzione del budget come ha potuto, secondo capacità e intenzioni degli organi dirigenti. Oggi però assistiamo ai primi evidenti segnali di disfunzione.

In provincia di Padova svariati istituti, tra superiori e inferiori, si trovano impossibilitati a coprire i costi relativi al personale. Insegnanti, bidelli, e soprattutto supplenti, che sono una sorta di incognita di spesa per le strutture scolastiche, in alcuni casi non percepiscono stipendio da gennaio. Gli insegnanti in certi casi si rifiutano di fare supplenza, perché sanno che quelle ore non gli verranno mai pagate.

Risulta evidente che le opzioni a disposizione degli istituti per rimediare al problema non sono granché. Come prima cosa i minorenni necessitano di un tutore idoneo per legge che li tenga in custodia, e non meno importante è l'istruzione che devono ricevere in tali ore. L'accorpamento di classi può forse soddisfare il primo requisito, ma esistono dei limiti legali e oggettivi entro cui si potrebbe ricorrere a questa soluzione.

In certi casi si è ricorsi a un finanziamento da parte dei genitori degli studenti per coprire queste spese.

In pratica, il denaro che normalmente i genitori destinano a gite o qualsivoglia attività formativa aggiunta, verrebbe destinato a coprire i debiti, e in alcuni casi è già successo.

Risulta quindi evidente in maniera lampante il conflitto tra le azioni di governo e l'articolo 34 della Costituzione, che dovrebbe garantire istruzione gratuita almeno nel periodo dell'obbligo.

Si aggiunge il fatto che, se non si dovesse rimediare immediatamente alla situazione corrente, si verrebbe a creare una disparità oggettiva, condizionata dalle risorse dei singoli nuclei familiari, in base cioè a quanto essi possano venire incontro alle esigenze economiche dei vari istituti.

Il perdurare di questa situazione determinerebbe quindi una violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che sancisce uguaglianza di trattamento per tutti i cittadini, a prescindere da opinioni e condizioni fisiche o sociali.

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07 aprile 2010

LEGGE ELETTORALE IN CONTRASTO ALLE NORMATIVE EUROPEE

Art. 10 PRINCIPI FONDAMENTALI

L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

Art. 51 - PARTE PRIMA. DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI - Titolo IV. Rapporti politici

Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e
alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.

A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. (*)

La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

Art. 56 - PARTE SECONDA. ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA - Titolo I. Il Parlamento - Sezione I. Le Camere

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Art. 58

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.

Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.


di Simone Bellis

ROMA, 5 APR - Emma Bonino entra nel dibattito sulle riforme e si dice favorevole al presidenzialismo, ma auspica anche una nuova legge elettorale. La vicepresidente del Senato, precisa di essere a favore di questo tipo di riforma, ma aggiunge: 'a me basterebbe gia' che riuscissimo perlomeno ad evitare di fare le prossime elezioni con lo stesso sistema illegale e violato sulle modalita' di presentazione. Questo sarebbe gia' un grande risultato'.

Fonte ANSA

In data odierna il governo dovrebbe esprimersi in difesa della legge elettorale, di fronte alla Corte Europea di Strasburgo. Come evidenziato da Emma Bonino nelle sue dichiarazioni, l'aspetto più contestato della legge è proprio l'impossibilità di dichiarare una preferenza. E' doveroso anche ricordare come la legge odierna sia contraria alla volontà popolare espressa tramite referendum, che avrebbe dovuto di fatto introdurre un sistema maggioritario.

Durante l'ultimo governo Prodi abbiamo avuto la dimostrazione empirica di come questa legge possa possa produrre un "vincitore" incapace di governare. Aggiungo che l'impossibilità a esprimere una preferenza sia un impedimento effettivo alla libertà di voto, in contrasto con gli articoli 51, 56 e 58 della Costituzione. I candidati non sono presentati in condizione di eguaglianza, poiché vige una priorità tra essi secondo logiche di partito.

Questo è inevitabile, ma la preferenza è l'unico modo in cui l'elettore può far valere la propria volontà oltre lo status quo stabilito dai partiti. E' altresì previsto che l'elezione dei componenti delle camere sia a suffragio universale e diretto, mentre in questo caso si impone una scelta forzata già operata dalle segreterie di partito.

Il fatto che la legge elettorale sia in contrasto alle normative europee è in contrasto con l'articolo 10, che prevede l'uniformarsi dell'ordinamento giuridico italiano alle norme internazionali generalmente riconosciute.


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04 aprile 2010

Angelino papalino

Art. 110 - Titolo IV. La magistratura - Sezione I. Ordinamento giurisdizionale

Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.


di Marco Travaglio

Agli studiosi dell’evoluzione segnaliamo quella di una specie tutta particolare: quella dei ministri della Giustizia dell’ultimo decennio. Da Castelli a Mastella ad Al Fano. Ogni volta si pensa di avere toccato il fondo, invece subito dopo ne viene uno peggio. A questo punto, immaginiamo con sgomento che cosa potrebbe arrivare dopo Angelino Jolie. Il pover’uomo aveva appena subìto una lezione di diritto dal Csm, che gli aveva spiegato lo scopo e i limiti delle ispezioni ministeriali. Che non possono impicciarsi nelle indagini delle Procure, né punire i magistrati che indagano su chi non piace a lui. Anziché farsene una ragione e occuparsi dell’unico compito che gli spetta – garantire "l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia" (art. 110 della Costituzione) – l’implume giureconsulto agrigentino ne ha combinata un’altra delle sue: ha sguinzagliato i suoi ispettori alla Procura di Milano perché il procuratore aggiunto Pietro Forno, coordinatore dei pool reati sessuali, ha rilasciato nientemeno che un’intervista al Giornale, rivelando per giunta una cosa nota e stranota financo al Vaticano: la reticenza con cui, in tutti questi anni, il clero ha trattato il fenomeno della pedofilia all’ombra dei campanili. "Nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento – ha dichiarato Forno, magistrato dichiaratamente cattolico – non mi è mai arrivata una sola denuncia né da parte dei vescovi né da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente".

Ora si spera che gl’ispettori alfanidi trovino bel tempo nella scampagnata fuoriporta e possano godersi serenamente la Pasquetta in una bella trattoria della Padania coi tavoli a quadretti. Quanto al contenuto dell’ispezione, sfugge ai più. Che dovrebbero mai ispezionare questi signori? L’articolo del Giornale? Un’edicola a piacere? Il registratore del cronista che ha raccolto le dichiarazioni del magistrato? La lingua del procuratore? Casomai il Guardagingilli non lo sapesse, le interviste funzionano così: l’intervistatore fa le domande e l’intervistato risponde. Se poi qualcuno si sente diffamato dalle domande e/o dalle risposte, sporge denuncia e un giudice decide chi ha ragione. Nessuna legge vieta ai pm di rilasciare interviste (purché non svelino notizie d’indagine top secret) né prevede che, se l’intervista non piace al ministro della Giustizia, scatti l’ispezione. Ma tutto questo Angelino non lo sa. Così ieri ha sguinzagliato gl’ispettori dichiarando che Forno "ha accusato le gerarchie ecclesiastiche di coprire i sacerdoti responsabili di gravi fatti di pedofilia" (cosa mai detta dal pm: il che lascia supporre che, oltre a non saper fare il ministro, Al Fano non sappia neppure leggere) e che "tali dichiarazioni" presentano un "carattere potenzialmente diffamatorio", oltre a configurare a carico di Forno una possibile "violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riserbo".

Resta da capire chi sia mai il diffamato, visto che Forno non ha fatto nomi, né poteva farne perché dice di non aver mai incontrato un prete o un vescovo in veste di denunciante. E resta pure da capire che diavolo c’entri il ministro della Giustizia. A meno che il pover’uomo non abbia voluto mostrarsi più zelante dei vari Cota e Zaia al servizio del Vaticano. Nel qual caso però avrebbe drammaticamente sbagliato bersaglio, visto che proprio sulla pedofilia la Chiesa sta compiendo un’ampia autocritica. Non vorremmo, insomma, che Ratzinger inviasse un’ispezione di Guardie svizzere ad Angelino Jolie per pregarlo di non essere più papista del Papa. In ogni caso, se è vero che questo genio è l’erede designato del Banana, c’è di che essere ottimisti. Viene in mente la frase di un famoso scrittore americano: "Da ragazzo mi spiegarono che, in democrazia, chiunque può diventare presidente. Comincio a temere che sia vero".

Da il Fatto Quotidiano del 3 aprile

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03 aprile 2010

Intervento del Ministro della Giustizia Alfano sulle dichiarazioni del procuratore Forno

Art. 7 - PRINCIPI FONDAMENTALI

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale

Art. 101 - Titolo IV. La magistratura
Sezione I. Ordinamento giurisdizionale

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
.

di Simone Bellis

In seguito alle dichiarazioni del procuratore Forno, capo del pool anti stupri, il Ministro della Giustizia Alfano ha ritenuto opportuno inviare degli ispettori a Milano. Il compito di questi ispettori dovrebbe essere di esaminare la veridicità delle dichiarazioni di Forno.

Il procuratore ha rilasciato un'intervista al Giornale, nella quale dichiara: "Nei tanti anni in cui ho trattato l'argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arrivata una sola denuncia nè da parte dei vescovi nè da parte dei singoli preti. Le indagini sono sempre partite da denunce dei familiari delle vittime che si rivolgono all'autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all'autorità religiosa e questa non ha fatto assolutamente niente." Aggiunge il procuratore: "si creano legami di difesa, di protezione. E c'è soprattutto la paura dello scandalo."

L'intervento degli ispettori è motivato in una nota del Ministero. Il contenuto è il seguente: "Lette le dichiarazioni rese ieri alla stampa dal Procuratore aggiunto di Milano dott. Forno, che ha accusato le gerarchie ecclesiastiche di coprire i sacerdoti responsabili di gravi fatti di pedofilia, considerato il carattere potenzialmente diffamatorio di tali dichiarazioni, ha dato mandato al suo ufficio ispettivo di verificare se il dott. Forno con tale condotta abbia violato i doveri di correttezza equilibrio e riserbo che devono essere particolarmente osservati nella trattazione di procedimenti delicati come quelli per reati di pedofilia, reati che vanno perseguiti con estrema decisione ma evitando pericolose generalizzazioni".

Ritengo che le azioni del Ministro siano inopportune. Ci vuole ben poco per verificare se esista o meno una denuncia di reati di pedofilia da parte di un ecclesiastico. L'invio degli ispettori è una misura sproporzionata, la giustificazione contenuta nella nota è debole, per non dire fortemente opinabile. Se esiste infatti un contenuto diffamatorio il Vaticano, o i soggetti che si sentano tirati in causa, possono tranquillamente sporgere denuncia.

Forno viene di fatto oggetto di un'indagine per delle dichiarazioni pubbliche, che dubito fortemente possano essere sfuggite alle gerarchie ecclesiastiche. In assenza di una denuncia da parte della Chiesa stessa, cosa spinge Alfano a procedere contro un procuratore?
Trovo le scelte del Ministro in netto contrasto con i principi della Costituzione. Doppiamente in contrasto, se si considera che oltre a tentare di limitare l'operato di un procuratore con motivazioni stiracchiate, questo viene fatto per difendere una particolare confessione religiosa. Senza voler passare per supponenti è evidente per tutti la supinazione di certi personaggi politici a una determinata dottrina religiosa. La Costituzione non permette, a figure che rappresentano lo Stato, trattamenti di favore o a danno di alcuna religione.

Tutte devono essere trattate con equità. Non vedo alcun motivo plausibile che giustifichi il Ministro ad attuare misure contro un dipendente dello Stato in assenza persino di una denuncia, ammesso ne esistano gli estremi, una sorta di azione preventiva.

Identifico nelle intenzioni del Ministro Alfano una contraddizione col principio di indipendenza della magistratura e della laicità dello Stato, sanciti rispettivamente dall'articolo 101 e articolo 7 della Costituzione.


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02 aprile 2010

Disegno di legge sulle intercettazioni

Art. 21 - PARTE PRIMA. DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI - Titolo I. Rapporti civili

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo d'ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.


di Simone Bellis

Il disegno di legge Alfano, che da qui a due settimane dovrebbe essere approvato in Senato, cambierebbe le norme di utilizzo delle intercettazioni in modi che lasciano alquanto perplessi.

Innanzi tutto riguardo alle condizioni che determinano la legittimità dello strumento: se nulla dovesse cambiare, per iniziare le procedure di intercettazione si richiederebbero "evidenti indizi di colpevolezza", ed è palese che garantire l'utilizzo di uno strumento probatorio dopo che la colpevolezza è praticamente accertata è un'evidente contraddizione.

Su questo aspetto è complesso identificare con precisione evidenti profili di incostituzionalità, anche se è vero che una limitazione illogica nell'uso di strumenti utili alla magistratura stride con il principio espresso dall'articolo 104.

E' vero che i magistrati sono soggetti alla legge in questo caso, ma è chiara l'intenzione di creare un circolo vizioso che di fatto ne limiti l'operato oltre il buon senso e la legittimità.

E' come dire che un malato, che debba prendere un medicinale quando arriva a 40° di febbre, possa usare il termometro solo se ha "evidenti indizi che abbia 40° di febbre".

Le condizioni necessarie per l'utilizzo dello strumento dovrebbero essere create dallo strumento stesso, quindi più che normare l'utilizzo delle intercettazioni si tenta semplicemente di impedirlo.

Se una legge vuole impedire il verificarsi di un evento va detto chiaro e tondo che tale evento è illegale, mentre qui si finge di normare le intercettazioni rendendole invece completamente inutili.

Un aspetto del disegno di legge, sul quale invece sono chiarissimi i profili di incostituzionalità, è l'impossibilità di pubblicare i testi delle intercettazioni e altri documenti pubblici attinenti ai processi su giornali, spazi web o in televisione.

Sono documenti pubblici, e qualunque cittadino può accedere alle aule dei tribunali e assistere ai processi in corso.

Non viene quindi limitata in linea teorica la libertà del cittadino nel poter conoscere i fatti giudiziari, ma viene impedito il lavoro dei divulgatori, in parole povere viene violato il diritto di stampa, in netto contrasto con l'articolo 21 della Costituzione.

Se il governo ritiene lecito che un cittadino possa accedere a determinate documentazioni, per quale motivo cerca di limitarne la diffusione? E' ovvio che limitarne la diffusione da parte dei mass media di fatto rende impossibile per il cittadino conoscere i dettagli di un processo, visto che è impossibile che tutti quanti possano recarsi in tribunale e visionare gli atti.

Quale logica sta alla base di questa norma? Non riesco in alcun modo trovare alcuna utilità, fuorché il desiderio delle persone coinvolte di mantenere il riserbo sulla questione. Il problema è che non è possibile che esista un segreto processuale, perché questo garantirebbe alla magistratura un potere pressoché assoluto, che sarebbe teoricamente in grado di far sparire una persona dall'oggi al domani.

Di fatto un innocente trova utilità nel veder diffuse le prove della propria innocenza, mentre poter visionare delle prove di colpevolezza è utile all'intera comunità.

Anche in questo caso si nota con evidenza come i principi espressi dall'articolo 21 non siano solo mera teoria, quanto una difesa di necessità reali dei cittadini.
Auspico che questo disegno di legge subisca sostanziali modifiche prima dell'approvazione, di modo che questa ennesima riforma della giustizia non sia un ulteriore indebolimento della medesima.


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